ADUA VILLA: la Sommelier con la S maiuscola, per Amica.
“Mi sono permessa di modificare il titolo di uno dei libri di cui è autrice per introdurre una piccola intervista su una donna che ammiro molto: Adua Villa. Per chi non la conoscesse, Adua Villa è una sommelier e una scrittrice. Amante molto della terra, ha fatto della sua passione un mestiere che le permette di viaggiare in tutto il mondo e arricchire tutta la sua già vasta esperienza in materia di enogastronomia. “
E’ Sommelier Master Class, enogastronoma e docente AIS, insignita del titolo diAmbasciatrice del Vino Abruzzese. Adua è stata sommelier de La prova del Cuoco su Rai 1 per tantissimi anni e di Casa Alice su Sky, ha firmato rubriche aUno Mattina Estate e Tg5 Gusto. Ha scritto su vanityfair.it e leifoodie.it e per anni è stata la voce femminile di Decanter su Radio 2. E’ anche degustatrice on-line su www.saporie.com
Il suo ultimo romanzo “Vino rosso tacco 12”, Cairo editore, è stato definito il primo romanzo “enologico” italiano, in quanto il lettore si trova immerso in un’esperienza che coinvolge tutti e cinque i sensi attraverso il divertente viaggio al femminile della protagonista, Gilda, wine taster, che lega le sue emozioni profonde all’elemento irrinunciabile che fa parte del suo lavoro: il vino.
“Perché il vino, come l’amore, va vissuto non spiegato.”
– Adua, il tuo lavoro è qualcosa legato ai profumi, ai sapori, agli odori…il vino è un’esperienza sensoriale che può coinvolgere in modo totale…cosa ti ha attratto a tal punto da sceglierlo e renderlo l’elemento essenziale della tua professione di sommelier?
“Guarda, la risposta è già un po’ nella tua domanda, il fatto è che il vino si compone di tante parti, però quella che mi ha sempre di più affascinato e continua ad affascinarmi è la parte legata ai sensi, perché anche chi non conosce il mondo del vino ha a che fare quotidianamente con i sensi, anche se ormai li usiamo in maniera, come dire, talmente distratta che non ci facciamo quasi più caso. Il vino, mettendo in gioco i sensi, ha fatto rivivere in me le sensazioni che nella mia vita e nella mia quotidianità davo quasi per scontate perchè è un esercizio della parte visiva, della parte olfattiva, della parte gustativa ed è comunque un qualcosa che lega la parte della ragione con le emozioni, elementi che a volte litigano tra di loro, alle volte invece sono d’accordo, ma che a prescindere, sono sempre legati tra loro e che fanno parte della vita quotidiana. Nel vino è la parte sensoriale quella che sicuramente mi ha attratto inizialmente e che tuttora è molto importante, peró, ad oggi, posso aggiungere una cosa: ciò che mi affascina del vino, al di là dei sensi, è il fatto che sia ricco di narrazione e finchè c’è narrazione il vino esiste…ed è quello che chi, come me, cerca di fare tramite ciò che scrive, che dice…io cerco di farlo soprattutto attraverso i social network, in particolar modo con instagram, con il profilo globetrottergourmet. Nella foto ci può essere e c’è narrazione e se c’è narrazione c’è vino, e finchè c’è un racconto dietro, le cose esistono. Il teatro esiste perché c’è narrazione, è nella narrazione che ci sono gli elementi che poi ti attraggono e ti incuriosiscono di più. La bellezza del mondo del vino è che è un mondo talmente ricco di storia che ne permette la narrazione.”
– Il tuo lavoro ti permette di viaggiare molto e di scoprire tante aziende italiane e non che, con tanta convinzione e passione, portano il loro amore per la propria terra sulle nostre tavole… ci puoi raccontare l’emozione che percepisci quando tocchi con mano tutto questo?
“Beh si, non a caso il profilo instagram di cui ti parlavo prima, nel nome non ha nulla a che vedere con il vino: il nome GLOBETROTTERGOURMET è un nome composto da GLOBETROTTER che sono i primi giramondo, diciamo così. Prima le vacanze erano solo ad uso personale e per un certo tipo di classe sociale e di viaggio. Ad un certo punto, a fine ottocento circa, anche la classe borghese inizia ad andare in giro per il mondo per scoprire il mondo stesso e a scrivere dei luoghi in cui andavano, dei loro viaggi, di cosa avevano mangiato, le città che avevano visitato…e quindi, visto che , appunto, il mio lavoro fortunatamente mi permette di associare anche questo aspetto, ho scelto questo nome che racchiude un po’ tutto.
Globetrottergourmet: perché poi alla fine degusto anche i posti in cui vado, cioè non soltanto cibo, non soltanto vino, e se hai questo approccio nelle cose il viaggio diventa qualcosa di diverso; il viaggio è una scoperta e riesci a degustare tutto: l’arte, la gente…e questa è una cosa molto importante che mi permette di poter viaggiare. La cosa che mi piace e mi affascina sempre molto è incontrare i produttori e ascoltare i racconti che hanno riguardo la loro terra, racconti spesso di tradizione, ma non solo, soprattutto chi ha ereditato un’azienda da centinaia di anni, chi invece per la prima volta ha deciso di cambiare lavoro per investire nel vino, hanno tutti un unico grande comun denominatore che è l’amore per la terra. Ed è questa, secondo me, la cosa più bella di questo mondo. La cosa che amo è proprio toccarla la terra, fare delle foto e raccontare… perché poi è la cosa che accomuna tutti chi in un modo chi un altro che arriva a fare questo lavoro. Comunque questo mestiere ti deve piacere partendo dall’amore per la terra perché altrimenti non riesci a trasmetterlo.”
–So, visto che faccio parte anche io dei tuoi followers su instagram, che sei molto attiva sui social network…quanto sono fondamentali per il tuo lavoro o semplicemente per la tua vita quotidiana?
“Assolutamente si, io li uso molto quasi esclusivamente per il mio lavoro, come ad esempio instagram che sta diventando una vetrina per tutti i luoghi che visito, e per le aziende che conosco. Scrivo anche su diverse testate cartacee, che si occupano totalmente di altro, non di vino, sono testate di lifestyle a grande diffusione nazionale in cui parlo di vini biologici, biodinamici…però il racconto sui social è completamente diverso in quanto ha un respiro molto più ampio, ha un’immediatezza ed anche la possibilità di trasmettere quell’emozione di cui parlavamo all’inizio che è legata ai sensi. Io mi sono approcciata un po’ tardi ai social, devo dirti la verità, ma io sono un po’ così di carattere: mi approccio alle cose con grande ritardo, però poi se inizio ad amarle mi ci attacco in maniera proprio forte, ed è quello che sta accadendo con un mezzo come instagram, che, secondo me, per il mondo del vino, è fondamentale oggi, perché mi permette di capire meglio anche il mio stesso mondo e amarlo ancora di più. E poi è un mezzo per far arrivare questo messaggio a tutti, soprattutto anche ai “non addetti ai lavori” ecco…il mio profilo è molto per i non addetti ai lavori, infatti quando abbiamo creato l’account ho ideato un hashtag, che è #vinopop, per far sì che il mondo del vino diventasse un mondo più tranquillo, sereno, non dobbiamo avere paura di aprire queste bottiglie. Sicuramente i wineblogger hanno in qualche modo meno successo dei foodblogger, ma perché mangiare è un bisogno primario, per cui c’è una curiosità maggiore, ma far capire anche attraverso i social quanto il vino sia un prodotto della terra così importante che deve essere di nostra conoscenza. In Italia non c’è una regione in cui non si produca vino, le nostre città sono circondate di vigneti per cui per me è quasi un dovere saperlo, perché fa parte dello stile di vita italiano, e già solo per questo è unico.”
– Il tuo romanzo “Vino rosso tacco 12” è un romanzo molto frizzante e, non ti nascondo, che le emozioni di Gilda mi hanno coinvolta tantissimo…come è nata l’idea di questo libro?
“E’ nata un po’ come sta andando questa nostra conversazione, cioè nel senso che io vengo dal mondo del vino, un mondo molto tecnico, ho anche insegnato e lavorato per tanti anni per una delle più prestigiose guide dei vini, e vivendo questa realtà molto tecnica mi rendo conto che ci capivamo molto tra di noi e chi ci vedeva dal di fuori lo faceva sempre in maniera un po’ intimorita, come se fosse un mondo in cui quasi non potevano neanche approcciarsi con un discorso e allora mi son detta: ma perchè?
Il mondo del vino, un mondo d’elite, aveva quasi sempre allontanato il consumatore, e tutto questo era più un male che un bene secondo me. Lavorando per tanti anni in un programma del daytime italiano come “la prova del cuoco” su rai 1, in cui si parla in maniera molto semplice della cucina legata soprattutto alla tradizione italiana, il mio compito lì era quello di parlare quotidianamente del vino e di abbinarlo in maniera altrettanto semplice al cibo e questa cosa mi ha fatto capire quanto sia così bello far arrivare questo messaggio a tutti. Non ti nascondo, infatti, che da un po’ di tempo a questa parte, il consumo del vino è aumentato, in particolar modo le donne acquistano più vino rispetto agli uomini e parlarne quotidianamente in tv, o sulle riviste di cucina, in cui c’è sempre l’abbinamento del piatto con una bottiglia di vino, ha fatto sì che negli ultimi dieci anni sia cambiato un po’ il modo di approcciarsi a questo mondo. L’idea del libro è nata proprio da tutto questo, da tutto ciò che mi ha colpito del mondo del vino per cui parliamo dei sensi, parliamo della necessità e della piacevolezza che si prova nel voler far capire il tuo mondo ad altri per arricchirli in qualche modo.
Questo libro è per far appassionare tutti al mondo del vino, tramite i sensi e tramite la curiosità. Gilda è una donna che ha mille problematiche e cerca di far capire che il linguaggio del vino è molto simile al linguaggio del corpo, delle emozioni…Gilda ha un problema vero: lei conosce solo il linguaggio del vino e pensa che sia traducibile nel sentimento e nelle emozioni verso gli uomini, ma poi capisce che non è proprio così anche se comunque si parla di emozioni. Il libro viene lanciato con l’hashtag #vinopop per raccontare le emozioni e le sensazioni ma soprattutto la conoscenza del mondo del vino che sia a portata di tutti, un mondo nascosto che esiste e che non significa per forza entrarci spendendo tanti soldi. L’idea era quella di trovare la chiave che non fosse quella propria del vino per far emozionare, ma con un bicchiere di vino, ecco.”
Sul tuo sito web c’è una frase in cui dici di amare la musica, di essere sensibile alla moda e ai fotogrammi del mondo e che il tuo vero grande amore è il vino. Se potessi definire Adua con una canzone, un’opera d’arte, un piatto da mangiare e una bottiglia di vino quali sarebbero?
“Per quanto riguarda la bottiglia di vino ti dico sicuramente le bollicine in generale. Io sono un’amante delle bollicine perché per me è sempre un buon momento per aprire una bottiglia di bollicine, perché significa sempre “inizio”, in quanto in genere si usa all’inizio di una cena o per brindare all’inizio di una festa, un successo, un incontro. Per cui è proprio la simbologia delle bollicine che, a prescindere dal gusto, mi fa impazzire e non riesco a farne a meno. Sono sempre ben fornita per questo.
Un quadro beh…di personali ce ne sono tanti, di alcuni ne parlo anche nel libro, però mi piace molto in questo periodo pensare di bere un buon vino e osservare le opere di Francesco Musante, in particolare “Il Cappellaio” che fluttua tra le rose, la luna e le stelle. Se fossi una canzone sceglierei “Cara” di Lucio Dalla, mi piace tantissimo ascoltarla con un bicchiere di vino, è quasi come se fosse un Ouverture.
Un piatto…mi piacciono tantissimo i primi piatti per cui potrei dirti una Carbonara, però una cosa alla quale proprio non riesco a rinunciare è la pizza.”
– Sei una delle poche persone che hanno scelto la loro passione e l’amore per qualcosa, come lavoro. Oggi, soprattutto per i giovani, è difficile far conciliare il lavoro con la passione di cui vorrebbero vivere. Cosa consiglieresti a tutti questi ragazzi che sempre più spesso devono scendere a compromessi e si vedono costretti a rinunciare a ciò che li appassiona davvero?
“Per arrivare a ciò che vuoi veramente devi un po’ scendere a compromessi, che non significa vendersi per qualcosa. Ad esempio, per quanto riguarda la mia esperienza, per arrivare a realizzare quello che poi volevo fare nella vita, dato che all’inizio non riuscivo a percepire un guadagno e una stabilità cercavo di fare anche altri lavori mentre da altre parti mi si offrivano degli stage, dei lavori a tempo indeterminato, che ho anche rifiutato…poi tornavo a casa e non ero felice, al contrario. E lì ho capito che non dovevo accettare tutto questo, e ho anche capito che la fiamma che avevo dentro nei confronti del mondo del vino era qualcosa di molto forte. Per cui secondo me prima di ogni cosa bisogna capire questo: quanto vogliamo veramente raggiungere un determinato obiettivo in generale. Io per il mio lavoro l’ho voluto veramente tanto, e l’ho declinato in tutti i modi: parlando del vino in tv e quindi avere un determinato linguaggio e così via dicendo sui social, in radio, sulle diverse testate per cui scrivo, dove comunque i lettori sono diversi e quindi parlando di vini diversi bisognava utilizzare un linguaggio diverso. Ho anche fatto consulenza per le aziende, facendo degustazioni, anche in streaming ad esempio, tramite twitter. Addirittura facendo un film, a cui io ho partecipato e che stanno presentando in Quebec, a Montreal a “Le festival du film” in cui io recito la parte di una giornalista nel mondo del vino. Io non ho mai fatto l’attrice prima di questa esperienza, così come non avevo mai fatto la speaker radiofonica, lavorato in tv…ma mi rendo conto che quando inizio a parlare di vino non esistono più confini ed è così che ho capito che la passione che ho per questo mondo e la conoscenza che ho e che cerco di alimentare quotidianamente, perché sento di avere ancora tantissimo da imparare, che mi fa andare avanti. Non bisogna mai arrendersi e soprattutto bisogna arricchire sempre di più la propria conoscenza. In giro c’è tanta superficialità nell’affrontare le cose, nell’ottenere ciò che si vuole c’è una sorta di facilità. Io non la vedo esattamente così, credo che non bisogna fermarsi mai e capire a cosa si vuole dare la priorità quando si sceglie una determinata strada. Purtroppo siamo in una fase storica in cui l’Italia non ci sta dando opportunità, però proprio perché viviamo questo periodo storico dobbiamo fortemente credere in quello che vogliamo fare davvero perché lì emergiamo.”
Grazie mille ad Adua Villa per questa intervista e per la sua disponibilità da parte mia e di tutta la redazione di Redglaze Magazine